Page 11 - Colori d'italia, edizioni Edilingua
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LA PAURA
gannavo ed erano tutte fantasie? piene di gioielli cincischiava nervosamente un fazzo-
letto e intanto i suoi sguardi supplicavano: parlassi, fi-
Si preparavano a partire. Per dove? Non una notizia nalmente, li sollevassi da quel silenzio, pronunciassi la
fausta dunque elettrizzava città e campagne. Una mi- domanda che tutti si aspettavano come una grazia e
naccia, un pericolo, un avvertimento di malora. Poi mi nessuno per primo osava fare.
dicevo: ma se ci fosse un grosso guaio, avrebbero pure
fatto fermare il treno; e il treno invece trovava tutto in Ecco un’altra città. Come il treno, entrando nella sta-
ordine, sempre segnali di via libera, scambi perfetti, zione, rallentò un poco, due tre si alzarono non resi-
come per un viaggio inaugurale. stendo alla speranza che il macchinista fermasse.
Invece si passò, fragoroso turbine, lungo le banchine
Un giovane al mio fianco, con l’aria di sgranchirsi, si dove una folla inquieta si accalcava anelando a un
era alzato in piedi. In realtà voleva vedere meglio e si convoglio che partisse, tra caotici mucchi di bagagli.
curvava sopra di me per essere più vicino al vetro. Un ragazzino tentò di rincorrerci con un pacco di gior-
Fuori, le campagne, il sole, le strade bianche e sulle nali e ne sventolava uno che aveva un grande titolo
strade carriaggi, camion, gruppi di gente a piedi, lun- nero in prima pagina. Allora con un gesto repentino,
ghe carovane come quelle che traggono ai santuari la signora di fronte a me si sporse in fuori, riuscì ad ab-
nel giorno del patrono. Ma erano tanti, sempre più brancare il foglio ma il vento della corsa glielo strappò
folti man mano che il treno si avvicinava al nord. E tutti via. Tra le dita restò un brandello. Mi accorsi che le sue
avevano la stessa direzione, scendevano verso mez- mani tremavano nell’atto di spiegarlo. Era un pezzetto
zogiorno, fuggivano il pericolo mentre noi gli si an- triangolare. Si leggeva la testata e del gran titolo solo
dava direttamente incontro, a velocità pazza ci pre- quattro lettere. IONE, si leggeva. Nient’altro. Sul verso,
cipitavamo verso la guerra, la rivoluzione, la pesti- indifferenti notizie di cronaca.
lenza, il fuoco, che cosa poteva esserci mai? Non lo
avremmo saputo che fra cinque ore, al momento del- Senza parole, la signora alzò un poco il frammento
l’arrivo, e forse sarebbe stato troppo tardi. affinché tutti lo potessero vedere. Ma tutti avevamo
già guardato. E si finse di non farci caso. Crescendo la
Nessuno diceva niente. Nessuno voleva essere il paura, più forte in ciascuno si faceva quel ritegno.
primo a cedere. Ciascuno forse dubitava di sé, come Verso una cosa che finisce in IONE noi correvamo
facevo io, nell’incertezza se tutto quell'allarme fosse come pazzi, e doveva essere spaventosa se, alla noti-
reale o semplicemente un’idea pazza, allucinazione, zia, popolazioni intere si erano date a immediata fuga.
uno di quei pensieri assurdi che infatti nascono in Un fatto nuovo e potentissimo aveva rotto la vita del
treno quando si è un poco stanchi. La signora di fronte Paese, uomini e donne pensavano solo a salvarsi, ab-
trasse un sospiro, simulando di essersi svegliata, e bandonando case, lavoro, affari, tutto, ma il nostro
come chi uscendo dal sonno leva gli sguardi mecca- treno no, il maledetto treno marciava con la regolarità
nicamente, così lei alzo le pupille fissandole, quasi per di un orologio, al modo del soldato onesto che risale
caso, alla maniglia del segnale d’allarme. E anche noi le turbe dell’esercito in disfatta per raggiungere la sua
tutti guardammo l’ordigno, con l’identico pensiero. trincea dove il nemico già sta bivaccando. E per de-
Ma nessuno parlò o ebbe l’audacia di rompere il si- cenza, per un rispetto umano miserabile, nessuno di
lenzio o semplicemente osò chiedere agli altri se aves- noi aveva il coraggio di reagire. Oh i treni come asso-
sero notato, fuori, qualche cosa di allarmante. migliano alla vita.
Ora le strade formicolavano di veicoli e gente, tutti Mancavano due ore. Tra due ore, all’arrivo, avremmo
in cammino verso il sud. Rigurgitanti i treni che ci ve- saputo la comune sorte. Due ore, un’ora e mezzo,
nivano incontro. Pieni di stupore gli sguardi di coloro un’ora, già scendeva il buio. Vedemmo di lontano i
che da terra ci vedevano passare, volando con tanta lumi della sospirata nostra città e il loro immobile
fretta al settentrione. E zeppe le stazioni. Qualcuno ci splendore riverberante un giallo alone in cielo ci ri-
faceva cenno, altri ci urlavano delle frasi di cui si per- diede un fiato di coraggio. La locomotiva emise un fi-
cepivano soltanto le vocali come echi di montagna. schio, le ruote strepitarono sul labirinto degli scambi.
La stazione, la curva nera delle tettoie, le lampade, i
La signora di fronte prese a fissarmi. Con le mani cartelli, tutto era a posto come al solito.
Colori d’Italia 11